/a cura di Roberto Rigati/
Perché le tue squadre sono solo gruppi di lavoro (e come trasformarle in forze motrici)
La mitologia aziendale: quando gli slogan nascondono la realtà
In quasi 40 anni di professione, mi sono abituato a sentire manager che descrivono la propria azienda in base ai propri desideri, più che in base alla realtà.
“Noi siamo un’azienda leader”, che “mette le persone al primo posto”, che opera avendo come faro “l’orientamento al cliente” sono spesso (per fortuna non sempre) petizioni di principio che non trovano riscontro nei comportamenti quotidiani, a partire proprio da quelli del manager che ha pronunciato quelle frasi. Insomma: non di rado si tratta più che altro di mitologia aziendale.
Squadra o “scarica barile”?
Uno dei ritornelli è “la nostra è una squadra” – che spesso è la versione moderna di “siamo una grande famiglia”: salvo poi accorgerci che in certe aziende i membri della cosiddetta squadra (anzi: team, perché dirlo all’inglese fa figo) non comunicano tra loro, fanno allo scarica barile tra funzioni diverse, e giocano più a danneggiarsi reciprocamente che a perseguire davvero il bene comune. Ho conosciuto fin troppe persone che passavano più tempo a scaricare le responsabilità sugli altri (“non sia mai che sia colpa nostra…”) che a lavorare davvero.
Sia chiaro: l’animo umano, in parte, è così: individualista, egoista. Ma per fortuna la nostra specie ha dimostrato di saper anche accendere la cooperazione paritetica, e il progresso (scientifico, economico, sociale) che abbiamo saputo creare e mantenere nella Storia ne è la dimostrazione più evidente.
Non è con gli slogan o le esortazioni che si accende quella cooperazione.
Dallo stato di fatto allo scopo collettivo
Certamente vanno rimossi gli ostacoli che inevitabilmente costellano le relazioni umane: diversi interessi, malintesi, diffidenze, e così via sono problemi che vanno affrontati e non nascosti sotto la vernice di una narrazione trionfalistica. Ma rimuovere gli ostacoli dalla strada non mette in moto il veicolo che deve percorrerla.
Ci vuole uno scopo collettivo: un’idea di collettività e di successo che faccia presa sulle emozioni delle persone. La differenza tra un gruppo statistico e un gruppo psicologico è questa: i membri del primo semplicemente hanno in comune alcune caratteristiche, come fare lo stesso mestiere o vivere otto ore al giorno nello stesso ufficio; i membri del secondo sono coscienti del fatto che occorre muoversi in una certa direzione, che bisogna farlo insieme e che il fatto di lavorare in cooperazione paritetica rende possibile arrivare al successo e al bene comune. In alter parole ci vuole la consapevolezza che il lavoro di squadra porta a risultati molto migliori che la somma di sforzi scoordinati e magari contrastanti dei singoli.
Creare questo clima quindi richiede la condivisione di un diverso modo di lavorare insieme, in vista di uno scopo comune, ma anche la costruzione di una struttura che permetta e favorisca in ogni modo e in ogni giornata di lavoro questo tipo di mentalità e di comportamento.

L’alleanza tra Roberto e Cynthia
Anche il team più coeso e motivato può essere soffocato da una struttura organizzativa che non lo supporta. Come la struttura organizzativa deve essere progettata per supportare un vero lavoro di squadra, questo è un aspetto che Cynthia affronta con decisione. Se un team lavora al meglio ma i processi sono inefficienti o le gerarchie creano barriere, il potenziale non potrà mai esprimersi pienamente.
Non accontentarti di gruppi di lavoro. Trasforma le tue squadre in veri motori di crescita. È tempo di investire in una coesione profonda e in una collaborazione autentica.